[vc_row][vc_column][vc_column_text]A differenza della maggior parte dell’Italia, che utilizza la variante meridionale “cozze”, uno dei principali tratti distintivi linguistici dell’Isola d’Elba è l’uso del termine “muscoli” per […]
[vc_row][vc_column][vc_column_text]In larga parte d’Italia sono conosciute con il nome di alici, ma all’Isola d’Elba si chiamano acciughe, mantenendo l’origine latina della parola da “apiua” o “apiuva” […]
[vc_row][vc_column][vc_column_text]L’Isola d’Elba ha sempre avuto una tradizione per quel che riguarda la pesca: la maggior parte del pesce pescato di pregio era destinato al mercato, mentre […]
Con la frutta che non si riuscivano a consumare o vendere, quando il raccolto era abbondante, si cucinavano marmellate e conserve. Anche la marmellata d’uva si produceva in tempo di vendemmia, da conservare per tutto l’inverno.
Il baccalà era considerato un piatto povero che i minatori si portavano al lavoro per il frugale pasto di metà giornata. Le donne, capaci di trasformare povertà in ricchezza, lo cucinavano in acqua con la nepitella.
A Sant’Ilario si tramandano le ricette di madre in figlia. È il caso di Rosina, Ivana e Laiza che usano lo stesso libro di ricette e hanno attinto a piene mani dalla tradizione.
Fra i filari delle vigne, o dov’era possibile, si coltivavano le zucchine. Per renderle più invitanti e saporite si facevano fritte con la pastella. Nonna Elvira ha lasciato alle nipoti questo ricordo.
Esisteva un fiorente commercio del vino fra l’Elba e la Liguria. Era consueto vedere i leudi ormeggiati sotto “la Tore” della Marina di Marciana. Molte le contaminazioni fra le due regioni anche nella preparazione dei cibi. È il caso del Minestrone di Bastianina preparato con una base di pesto alla genovese.