NESOS: un vino lungo la rotta fra Chio e l’Elba
16 Aprile 2020Una festa tra sacro e profano
16 Aprile 2020[vc_row css=”.vc_custom_1587033068021{padding-top: 100px !important;padding-bottom: 50px !important;}”][vc_column width=”1/5″][/vc_column][vc_column width=”3/5″][vc_column_text]Le festività, nei diversi periodi dell’anno, scandivano il trascorrere lento, e spesso faticoso, del tempo. Erano l’occasione per ritrovarsi, festeggiare, allietare le tavole con i piatti della cucina tradizionale. Un momento magico, quello legato al cibo, denso di significati ed allusioni.
Natale, Pasqua, Carnevale, San Giovanni, le Feste dei patroni, la fine della vendemmia, rare occasioni in cui si metteva da parte la quotidiana parsimonia, per festeggiare anche a tavola.
Le riviviamo nei ricordi di Manrico Murzi, poeta giramondo, marinese, classe 1930.
Sabato Santo, perché sei stato tanto,
perché non sei venuto?
Domenica mattina, una coscia di gallina,
un uovo benedetto, un quarto di capretto,
un pezzo di rimenata e la Quaresima è passata.
[/vc_column_text][/vc_column][vc_column width=”1/5″][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/2″][vc_column_text]La “rimenata” si prepara con una pasta che prima si mena, poi si lascia riposare. Più tardi la si rimena.
Me la ricordo formata in cinque spicchi, quasi un pentacolo, con i bordi a cresta di gallo, giacché tagliuzzati con le forbici in modo da rimanere rialzati; e una pallina al centro. Ah, il buon sapore dell’anice! Ma vi erano altri impasti portati in chiesa per farli benedire, assieme alle uova, alla messa grande, la domenica delle Palme: i corolli, ciambelle fatte a forma di cerchio, tutte farina uova e zucchero.
Come scrivo nel mio volume “Si va a Simboli”, Rebellato Editore, Padova, 1979:
Io e i miei fratelli e le mie sorelle, nei giorni che precedono la Pasqua, avevamo giorno e notte, a portata di mano, accatastati sul marmo dei canterali e coperti con un velo trasparente, lo stesso che d’estate proteggeva i bimbi dalle mosche di una volta, gli odorosi corolli luccicanti di olio e di zucchero. Nessuno doveva toccarli, pena una raffica di legnate, e in più il peccato di aver mangiato dolce in tempo di penitenza. … ci si trovava nel giardino del Paradiso terrestre con il frutto proibito che il sole indorava, e che aveva tutte le caratteristiche della provocazione…
[/vc_column_text][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”2495″ img_size=”full”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/5″][/vc_column][vc_column width=”3/5″][vc_column_text]Ma soprattutto si portavano a far benedire le sportelle, paste dolci a forma di fiocco che alludevano al sesso femminile: alcune con un uovo sodo, simbolo di fecondità e procreazione, tenuto da una gabbietta intrecciata con fili di pasta. Le ragazze o i ragazzi benestanti vi mettevano addirittura un uovo di cioccolato. Alcune ragazze, poi, la offrivano al ragazzo che amavano.
Vi era anche la cosiddetta banda della sportella: un gruppetto di giovani che la portavano via ai ragazzi di famiglia agiata.