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NESOS: un vino lungo la rotta fra Chio e l’Elba

La rimenata e la banda della sportella
16 Aprile 2020
La rimenata e la banda della sportella
16 Aprile 2020

Credit foto: © Stefano Muti

 

Nesos, il più antico e il più nuovo fra i vini prodotti nel Mediterraneo. Un vino marino. Un vino come lo facevano gli antichi abitanti dell’Isola di Chio in Grecia, famosa per i suoi vini “leggendari” che Varrone definiva i “vini dei ricchi”. Lo ha fatto, ha capito che non era solo leggenda, Antonio Arrighi.


Come i vini di Lesbo, Samos o di Thaso, quello di Chio era dolce e alcolico - unica garanzia per sopportare i trasporti via mare - ma aveva qualcosa in più, un segreto che i produttori di Chio custodivano gelosamente che lo rendeva particolarmente aromatico: la presenza del sale dovuta all’immersione in mare dell’uva chiusa in ceste. L’uva utilizzata è l’Ansonica, tipica dell’Elba, probabile incrocio di due antiche uve dell’Egeo, il Rhoditis ed il Sideritis, varietà caratterizzate da una buccia molto resistente ed una polpa croccante che ha permesso una lunga permanenza in mare, dentro “nasse” costruite per l’occasione, per 5 giorni a circa 10 metri di profondità. E’ stata così eliminate parte della pruina superficiale, accelerando il successivo appassimento al sole sui graticci, senza arrivare alla produzione di un vino dolce e preservendo l’aroma del vitigno.

Il sale marino durante i giorni di immersione, per “osmosi” penetra anche all’interno, senza danneggiare l’acino. Il successivo passaggio delle uve avviene in anfore di terracotta con tutte le bucce, dopo la separazione dei raspi. La presenza di sale nell’uva, con effetto antiossidante e disinfettante, ha permesso di provare a non utilizzare i solfiti, arrivando a produrre, dopo un anno in affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale, molto simile a quello prodotto 2500 anni fa. Nel 2018, sono state prodotte solo 40 bottiglie, nel 2019 non molte di più.

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Dalle analisi svolte dall'Università di Pisa è emerso che il contenuto in fenoli totali del vino marino è il doppio rispetto a quello prodotto tradizionalmente, e questo grazie alla maggiore estrazione legata alla parziale riduzione della resistenza della buccia.

Il legame di questo vino mitologico con l'isola d'Elba è anche di tipo storico. Come tutti i commercianti greci anche quelli del vino di Chio, facevano scalo sulla via del ritorno in patria, all’isola d’Elba e a Piombino, per caricare materiali ferrosi, venendo quindi a contatto con il mondo etrusco. I ritrovamenti di anfore in relitti di navi affondate e nelle tombe testimoniano che molte città costiere della Toscana etrusca erano tra i luoghi di maggior frequentazione dei commercianti di Chio.



Patrizia Lupi